Il lavoro si evolve come ogni ambito della società, e ad oggi il lavoro da remoto, o smart working, è un fenomeno sempre più diffuso nelle aziende. I dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano evidenziano infatti come post pandemia il lavoro agile diventerà routine per 5.35 milioni di persone, declinato nelle sue varie forme di lavoro da remoto completo o parziale, per 2-3 giorni lavorativi a settimana, dando vita alla casistica del lavoro ibrido. La diffusione e la normalizzazione dello smart working portano con sé un cambiamento nella gestione della modalità lavorativa, per il benessere del dipendente e per quello aziendale.
Che cosa si intende per “monitoraggio dello smart working”?
Monitorare il lavoro delle risorse in smart working non significa monitoraggio dei dipendenti e di tutto il loro operato in orario lavorativo.
Un numero sempre crescente di PMI sta adottando soluzioni per lo Smart Working: sistemi di organizzazione e monitoraggio del lavoro e delle prestazioni dei dipendenti, valutate in termini di obiettivi e produttività. Gli innovativi sistemi di monitoraggio del remote working sono orientati a garantire, in primo luogo, il benessere del lavoratore, perché non arrivi a situazioni di burn out e stress ma anzi mantenga il suo benessere e gli venga garantito il corretto work life balance, ovvero l’equilibrio tra vita privata e orario lavorativo, tracciando nette linee di confine che spesso si tende a offuscare lavorando lontani dall’ufficio.
Cosa può/non può controllare l’azienda durante lo smart working?
Un rapporto professionale che includa giornate di smart working deve, innanzitutto, essere regolato da un contratto che informi il dipendente su diritti e doveri che scaturiscono dal rapporto lavorativo: la risorsa dovrà quindi essere informata sull’utilizzo dei beni aziendali e i controlli a cui potrà essere sottoposto, incluse le sanzione per eventuali irregolarità.
Durante le giornate di smart working, l’azienda ha la possibilità di controllare i dispositivi aziendali in dotazione al dipendente: smartphone, computer o casella di posta elettronica. D’altro canto, l’azienda non può applicare controlli al dipendente attraverso apparecchiature di monitoraggio come webcam, programmi per controllare le visite a siti internet, eventuali spostamenti del dipendente. Inoltre, l’unico dispositivo che può essere sottoposto al controllo del responsabile aziendale è il computer fornito dall’impresa, non il PC personale di un dipendente, anche qualora esso sia lo strumento di lavoro.
Come garantire quindi efficacia e produttività del lavoro da remoto?
- Strumenti hardware e software devono essere forniti al dipendente per metterlo in condizione di ottimizzare le performance lavorative e la collaborazione con i colleghi.
- Un approccio basato su obiettivi e KPI (Key Performance Indicator) facilita la produttività del dipendente in smart working che, pur lavorando in autonomia, sarà perfettamente a conoscenza degli obiettivi da conseguire.
- Adozione di software e strumenti che permettano la collaboration tra risorse e reparti aziendali, contrastando la distanza fisica: un metodo lavorativo fluido e sincronico viene favorito da piattaforme cloud-based.
- I collanti che rendono ottimali le performance lavorative di un dipendente sono il senso di appartenenza a un’organizzazione e la sensazione di benessere lavorativo; inoltre, è essenziale anche l’ascolto dei dipendenti e della loro percezione di problemi e criticità della modalità di lavoro o di altri ambiti, non soltanto dal punto di vista tecnico.
- Le infrastrutture informatiche aziendali devono essere blindate e sicure, garantendo un servizio di supporto e assistenza IT anche ai dipendenti che lavorano da remoto.
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